There are places, in Rome, where the absolute protagonists are light and color. These places are the great art galleries, architectures where the visitor, once he crosses the threshold, is transported to a world distant from the noise and bustle, as if art were taking him into a bubble of tranquility, isolating him and enveloping him in the tones and nuances that make up his universe.
There is a subtle and deep intimacy, a silent understanding, that manifests itself between artworks, the spaces that house them, and those who contemplate them.
It is a silent but powerful bond that transforms the public place into a private space of reflection and emotional connection.
“In the gallery or museum one constantly has the feeling of walking through – or even into – a film“, writes Giuliana Bruno in her book that the title of my work is meant to pay homage to. But with the difference, I think, that here the protagonists – of an intimate visual dialogue with art and history – are us.
Landscapes of public intimacies
“… To search for a photography that takes into account new dialectical relationships and that is also a possible method of organizing the gaze…” So wrote Luigi Ghirri, on the search for meaning in contemporary photography.
In this series of photographs, taken inside some of Rome’s most important museums, Alfredo Corrao has organized his gaze on details of works of various kinds with the intention of freeing himself from the chaotic reality of everyday life, in an ideal “isolarium” where art lives through the gazes of visitors.
“Inside the places of art,” the author writes, “I feel the need to experience an immersive process that I consider essential to give vitality to my images in an environment like the museum that accommodates the suspended time of art and its history. It is like being isolated in a bubble from which to draw ideas to photograph…“
This is how figures, signs, formal analogies arise among the various icons that the photographer’s gaze manages to take and transform into photographic sequences.
Felicitous analogies where, through Corrao’s gaze, photography seems to reveal in its referent, be it a painting, a sculpture or a furniture decoration, the opportunity for a different sense of seeing.
If it is true that photography drawing on museum artworks has a cognitive as well as a formal function, it is also true that each image that arises from this process generates its own icon: the map of an ideal “landscape of the mind.”
With the felicitous title of “Public Intimacies,” Alfredo Corrao proposes a look at Rome that is very far from the speeding up where everything passes through a surface shot, what used to be declined as “pleasing photography,” sensitive to acquiring aesthetic rather than content consensus.
Accustomed to living by his craft with art in his eyes, Corrao is above all an author who knows how to construct images with photography and does so with the sensitivity and technical expertise that belong to him. This is his precise identity as a photographer who loves to immerse himself in the places between the past and the future of art where photography is the medium of a continuous transformation of seeing.
Mario Cresci, May 2024
Pubbliche intimità
Esistono luoghi, a Roma, dove i protagonisti assoluti sono la luce e il colore. Questi luoghi sono le grandi gallerie d’arte, architetture dove il visitatore, una volta varcata la soglia, viene trasportato in un mondo distante dai rumori e dagli affanni, come se l’arte lo portasse in una bolla di tranquillità, isolandolo e avvolgendolo nei toni e nelle sfumature che compongono il suo universo.
C’è un’intimità sottile e profonda, una silenziosa comprensione, che si manifesta tra le opere d’arte, gli spazi che le ospitano e chi le contempla. È un legame silenzioso ma potente, che trasforma il luogo pubblico in uno spazio privato di riflessione e connessione emotiva.
“Nella galleria o nel museo si ha di continuo la sensazione di passeggiare in mezzo a – o perfino dentro – un film”, scrive Giuliana Bruno nel suo libro che il titolo del mio lavoro vuole omaggiare. Ma con la differenza, penso, che qui i protagonisti – di un intimo dialogo visivo con l’arte e la storia – siamo noi.
Paesaggi di pubbliche intimità
“… Ricercare una fotografia che tenga conto di nuovi rapporti dialettici e che sia anche un possibile metodo per organizzare lo sguardo…”. Così scriveva Luigi Ghirri, sulla ricerca di senso della fotografia contemporanea.
In questa serie di fotografie, realizzate all’interno di alcuni tra i più importanti musei di Roma, Alfredo Corrao ha organizzato il suo sguardo su dettagli di opere di varia natura con l’intento di liberarsi dalla caotica realtà del quotidiano, in un ideale “isolario” dove l’arte vive attraverso gli sguardi dei visitatori.
“Dentro ai luoghi dell’arte”, scrive l’autore, “sento il bisogno di vivere un processo immersivo che ritengo essenziale per dare vitalità alle mie immagini in un ambiente come il museo che accoglie il tempo sospeso dell’arte e della sua storia. È come essere isolati in una bolla da dove trarre le idee per fotografare…”.
Così nascono figure, segni, analogie formali, tra le varie icone che lo sguardo del fotografo riesce a prelevare e trasformare in sequenze fotografiche. Felicissime analogie dove, attraverso lo sguardo di Corrao, la fotografia sembra rivelare nel suo referente, sia esso un dipinto, una scultura o un decoro di arredo, l’opportunità di un diverso senso del vedere.
Se è vero che la fotografia attingendo alle opere d’arte museali ha una funzione cognitiva oltre che formale, è anche vero che ogni immagine che nasce da questo processo genera una propria icona: la mappa di un ideale “paesaggio della mente”. Con il felice titolo di “Pubbliche intimità” Alfredo Corrao propone uno sguardo su Roma molto lontano dalla velocizzazione dove tutto passa attraverso una ripresa di superficie, quella che un tempo si declinava come “fotografia piaciona”, sensibile ad acquisire consensi estetici piuttosto che di contenuto.
Abituato a vivere per suo mestiere con l’arte negli occhi, Corrao è soprattutto un autore che sa costruire immagini con la fotografia e lo fa con la sensibilità e la competenza tecnica che gli appartengono. È questa una sua precisa identità di fotografo che ama immergersi nei luoghi tra il passato e il futuro dell’arte dove la fotografia è il medium di una continua trasformazione del vedere.
Mario Cresci, maggio 2024